Perfezionamento del reato di sottrazione fraudolenta delle imposte
Non è necessaria la riscossione in atto per integrare la sottrazione fraudolenta delle imposte, in quanto, ai fini del perfezionamento del reato di cui all’art.11 D.Lgs. n.74 del 2000, è richiesto soltanto che l’atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del fisco. Questo quanto stabilito dalla Cassazione nella sua pronuncia n.7394/2017.
Ai fini dell’integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, infatti, non è necessario che sussista una procedura di riscossione in atto, considerato che nella previsione di cui all’art.11 del decreto n.74, il riferimento a tale procedura appartiene al momento intenzionale e non alla struttura del fatto.
L’art.11, suddetto, infatti, non fa alcun riferimento alle condizioni previste precedentemente dall’art.97, comma sesto, del d.P.R n.602 del 1973, come modificato dall’art. 15, comma quarto, della legge n.413 del 1991 (ovvero alla avvenuta effettuazione di accessi, ispezioni o verifiche, o alla preventiva notificazione, all’autore della condotta fraudolenta, di inviti, richieste o atti di accertamento). Di conseguenza, perché la fattispecie di reato in questione si perfezioni, è richiesto soltanto che l’atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui beni siano idonei ad ostacolare il soddisfacimento totale o parziale del fisco (v., tra le tante: Sez.5, n.7916 del 26/02/2007, Cutillo, Rv.236053). Pertanto, è legittimità la condanna se la condotta delittuosa del contribuente è adeguatamente ricostruita, con congrua e adeguata motivazione, dal giudice penale e appare chiaramente finalizzata ad ingannare il fisco.