Diritto

Il contratto di locazione non registrato è nullo, pertanto il locatore non può domandare la restituzione dei canoni non versati


Nella sua decisione del 13 dicembre scorso (sentenza n. 25503/2016) la Corte di Cassazione cassa in parte una decisione della Corte d’Appello di Bologna, i cui giudici avevano dato ragione al proprietario di un immobile che domandava la condanna della conduttrice al pagamento dei canoni di locazione non versati. L’immobile era stato concesso in locazione, senza aver mai registrato il contratto, pertanto la conduttrice affermava di non dover alcun canone al proprietario, in quanto le sue pretese si basavano su un contratto mai stipulato.

La Corte di Cassazione nella presente decisione chiarisce due punti fondamentali. L’uno è relativo al concetto giuridico di nullità di un contratto di locazione non registrato; l’altro alle conseguenze patrimoniali riferite alla stipula di un contratto nullo.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Bologna aveva ritenuto che il contratto di locazione, nonostante non fosse stato registrato, fosse valido ma inefficace, basandosi sul presupposto che la registrazione del contratto prevista dall’art. 1 comma 346 L. n. 311/2004, secondo cui i contratti di locazione non registrati quando ne ricorrano i presupposti, sono da considerarsi giuridicamente nulli, fosse una condicio iuris di efficacia del contratto.

Ma la Cassazione, nell’odierna pronuncia, rigettando l’interpretazione della Corte d’Appello bolognese, ha chiarito la portata della disposizione contenuta all’art. 1 comma 346 L. n. 311/2004, stabilendo anche sulla base della pronuncia della Corte Costituzionale n. 420/2007, che la norma in esame, ha elevato "la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 cod. civ.", pertanto i contratti di locazione non registrati non possono considerarsi validi, ma inefficaci, bensì propriamente nulli con tutte le conseguenze giuridiche del caso.

In conseguenza di tale determinazione, dunque, la prestazione compiuta in esecuzione di un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo, regolato dall’art. 2033 c.c. e non dall’art. 1458 c.c. (risoluzione per inadempimento), in quanto non esiste alcun contratto da cui tale prestazione possa discendere. L’eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al solvens (in tal caso, il locatore), ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., o al pagamento dell’ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.

Conseguenze patrimoniali di un contratto nullo

La Corte di Cassazione sottolinea, infatti, che in relazione ad un contratto nullo non vengono in rilievo le disposizioni di cui agli artt. 1453 c.c. e seguenti, relative alla risoluzione del contratto, perché in alcun caso un contratto nullo può produrre effetti, nemmeno nel caso di contratto di durata! Sbaglia, dunque, dicono gli ermellini, la Corte d’Appello che in relazione al contratto di locazione nullo ha applicato l’art. 1458 c.c., il quale disciplina gli effetti della risoluzione per inadempimento, condannando la conduttrice al pagamento di una somma pari ai canoni non versati in favore del locatore.

Un contratto di locazione nullo non può esplicare i suoi effetti di fatto, in quanto le ipotesi in cui un contratto nullo produce effetti sono eccezionali e disciplinate in maniera espressa dalla legge (contratto di lavoro subordinato) e in tali disposizioni non si parla di rapporti di locazione, né ad essi può farsi riferimento in via interpretativa. Perché invece la somma indicata dal giudice d’appello a titolo di risarcimento per inadempimento possa essere intesa quale compenso per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., deve essere formulata espressa domanda in merito.