Diritto

Confermata la condanna nei confronti del prestanome anche se costretto ad emettere fatture false sotto minaccia di licenziamento


Nonostante l’amministratore legale di una società si limitasse semplicemente, sotto minaccia di licenziamento dell’amministratore di fatto, a firmare le fatture false, senza poter intervenire in alcuna decisione, la Cassazione ha rigettato il suo ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello di Palermo, la quale aveva confermato la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 8 D. Lgs. n. 74/2000, che i giudici di prime cure avevano adottato nei suoi confronti.

Nella sua sentenza n. 47972/2016, depositata il 14 novembre, sottolinea la Cassazione che l’amministratore legale aveva comunque delle alternative:

  1. denunciare l’amministratore di fatto;
  2. cercare un altro lavoro.

Alternative, nemmeno tentate dal prestanome, che, in considerazione, peraltro, del lungo periodo in cui la sua condotta illecita si era protratta (due anni), non lo esimono dalla responsabilità per il reato attribuitogli.

Chiariscono i giudici che l’amministratore (prestanome), il quale materialmente sottoscrive le fatture, esercita, nel concreto, l’attività amministrativa della società, in quanto l’operazione di sottoscrizione delle fatture coincide con l’emissione e il rilascio delle stesse (che si conclude con l’invio al destinatario, secondo quanto disciplinato dall’ultimo periodo dell’art. 21 comma 1, d.P.R. n. 633/72).

Inoltre, nei confronti del prestanome neppure opera l’esimente dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p., in quanto non è stata documentata (con dovuta allegazione agli atti) l’esistenza di tutti gli estremi richiesti dalla norma, ovvero l’aver agito per insuperabile atto di costrizione avendo subito la minaccia di un male imminente e non altrimenti evitabile e di non aver potuto sottrarsi nemmeno putativamente al pericolo minacciato.

Il prestanome ben sapeva di firmare fatture per operazioni inesistenti, quindi, il suo apporto al fatto reato non può dirsi marginale e trascurabile, di conseguenza, è escluso, altresì, che possa usufruire della circostanza attenuante del contributo concorsuale di minima importanza di cui all’art. 114 c.p..