Fisco

L’atto di conferimento del ramo d’azienda non presume, salvo espressa previsione, la cessione del marchio


La Corte di Cassazione (sentenza del 30 settembre 2016, n. 19480) ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in favore di una società che, a seguito di acquisizione di un ramo d’azienda, aveva portato in detrazione l’IVA sui canoni relativi alla concessione in licenza esclusiva del marchio della società cedente.

Secondo l’AGE, la detrazione IVA era illegittima, in quanto effettuata in violazione dell’art. 2573 comma 2, secondo cui “Quando il marchio è costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata, si presume che il diritto all'uso esclusivo di esso sia trasferito insieme con l'azienda”. Pertanto, trattandosi di marchio coincidente con il nome della ditta derivata, in base a quanto stabilito dall’art. 2573 c.c., con l’atto di conferimento del ramo d’azienda, salvo diversa espressa indicazione, secondo l’AGE, opererebbe una presunzione giuridica, in base a cui il marchio dovrebbe intendersi necessariamente trasferito assieme al conferimento del ramo d’azienda e, di conseguenza, il corrispettivo per la concessione d’uso temporaneo dello stesso marchio dovrebbe ritenersi incluso nel corrispettivo versato dalla conferitaria alla cedente, non essendo, peraltro, seguito al conferimento alcun contratto di licenza.
La Cassazione, contrariamente a quanto argomentato dall’AGE, confermando la decisione della Corte d’Appello di Treviso, ha chiarito che la presunzione legale di cui all’art. 2573 comma 2 c.c. è una presunzione juris tantum, che non opera in relazione a tutti i tipi di marchio, ma si applica solo a quei marchi non riconducibili agli elementi identificativi della persona giuridica cedente il ramo. Infatti, il concetto di ditta derivata richiamato dall’art. 2573 c.c., si riferisce alla ditta creata da un dato imprenditore e successivamente trasferita ad altro imprenditore insieme all’azienda per atto inter vivos o per successione ereditaria con lo specifico consenso dell’alienante. Quando tale ditta è trasferita ad altro imprenditore, quello successivo o derivato non è obbligato a modificarne il nome, potendo mantenerne l’originaria denominazione, fatta salva l’esigenza di evitare fenomeni confusori, in relazione all’oggetto e al luogo di esercizio dell’impresa (concetto di novità ex art. 2564 c.c.).
La nozione di ditta, affermano i giudici, non può essere confusa con la ragione sociale delle società di persone o con la denominazione sociale delle società di capitali, che, in quanto elementi identificativi della persona giuridica, sono sottoposti ad una disciplina diversa da quella dei segni distintivi dell’impresa e dell’insegna.
Infatti, mentre la ditta può essere trasferita, i segni identificativi della persona giuridica (ragione sociale e denominazione) non possono essere oggetto di trasmissione, in quanto si tratta di beni immateriali indisponibili (Cass. n. 5931/2014) che devono essere inseriti nel contesto di ulteriori indicazioni idonee ad evitare il rischio di confusione, perché da soli non possono svolgere la funzione caratterizzante (Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16283 del 10/07/2009).

Né può ritenersi, secondo la Cassazione, che se si conferisce ad altra impresa un ramo d’azienda, il mancato contestuale trasferimento dei diritti sul marchio, comporti la violazione del principio di unitarietà dei segni distintivi di cui all’art. 22 cpi (D. Lgs. n. 30/2005 - Codice di Proprietà Industriale), in quanto, cedere un ramo d’azienda non significa automaticamente cessazione dell’attività economica o estinzione della società cedente, la quale ben può continuare ad esistere, mantenendo la titolarità del diritto di esclusiva sul proprio marchio e decidere di licenziarlo alla stessa conferitaria del ramo d’azienda.

Nell’atto di conferimento di ramo d’azienda, dunque, se si intende trasferire anche il marchio, è necessario indicarlo espressamente, diversamente la cessione del marchio non si presume; è legittimo, perciò, licenziare per uso temporaneo lo stesso marchio in favore della conferitaria del ramo ed è legittima la detrazione IVA dei canoni per la licenza d’uso del marchio da parte di quest’ultima.