Il principio di illimitata responsabilità solidale non opera nei rapporti tra i soci di una snc
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21066 del 19 ottobre scorso, ha accolto in parte il ricorso promosso da una s.n.c. e dal legale rappresentante di questa contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato la decisione dei giudici di prime cure, i quali avevano accolto l’ingiunzione promossa dall’altro socio per la corresponsione in suo favore dei canoni d’affitto per la locazione alla società di un immobile di proprietà comune dei soci.
In tale occasione, la Cassazione ha accolto in parte il ricorso, censurando la decisione dei giudici d’appello, laddove essi avevano riconosciuto la responsabilità personale del socio ricorrente in Cassazione per l’obbligazione assunta dalla società nei confronti dell’altro socio, condannandolo al pagamento dell’importo richiesto in favore di questi.
Il socio ricorrente in Cassazione sosteneva che, essendo anch’ egli locatore dell’immobile, anche l’altro socio sarebbe, al suo pari, debitore nei suoi confronti, pertanto, le reciproche pretese dell’uno nei confronti dell’altro si annullerebbero a vicenda, anche in virtù delle azioni di regresso.
I giudici hanno confermato le ragioni del socio ricorrente, chiarendo che il principio dell’illimitata e solidale responsabilità sociale di cui all’art. 2291 c.c. non opera nei rapporti tra i soci di una snc, in quanto l’ordinamento riconosce alle società di persone mera soggettività, ma non personalità giuridica perfetta (quindi autonomia patromoniale limitata). Secondo tale principio infatti i terzi creditori possono fare affidamento sul patrimonio personale dei soci e non solo su quello della società, che per i terzi è difficile da valutare e quindi, in base a tale principio, ai terzi deve essere garantita l’indifferenza di ogni questione relativa ai rapporti tra i soci.
Ragion per cui, la ratio sottesa al principio di cui all’art. 2291 c.c. è eslcusivamente quella di tutelare gli interessi dei terzi che con essa hanno contrattato, pertanto, il suddetto principio non trova applicazione nei rapporti tra i soci.
Un punto fermo per la giurisprudenza della Cassazione, che già ha avuto modo di pronunciarsi sull’argomento, anche se con specifico riferimento alle associazioni non riconosciute e agli enti non dotati di personalità giuridica, ma solo di limitata soggettività.
In riferimento alle associazioni, la Cassazione ha precisato che la responsabilità personale e solidale con quella delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, si applica esclusivamente nei rapporti con i terzi estranei all’associazione stessa e non può giovare agli associati creditori dell’associazione.
Nell’odierna sentenza, i giudici hanno stabilito che il suddetto principio può ben applicarsi anche alle società di persone, in quanto esse con le associazioni non riconosciute condividono la struttura associativa non personificata e l’illimitata responsabilità nei confronti dei terzi per le relative obbligazioni.
Di conseguenza anche nei rapporti tra i soci di una società di persone il principio di illimitata responsabilità per le obbligazioni della società non opera: tra soci deve tenersi conto solo dei reciproci obblighi di proporzionale contribuzione degli oneri sociali.
Dunque, se un socio esercita nei confronti della società un’azione giuridica e pretende di estenderla anche all’altro socio illimitatamente responsabile, questi risponde nei confronti dell’attore non illimitatamente con tutto il suo patrimonio, ma nei limiti dei reciproci obblighi di contribuzione.
Una volta esclusa la responsabilità illimitata del socio nei confronti degli altri soci per le obbligazioni contratte dalla società verso i soci stessi per un titolo estraneo al contratto sociale, l’azione promossa dal socio creditore contro la società può estendersi agli altri soci, solo qualora sussista un effettivo squilibrio tra i soci stessi nei recioroci obblighi di contribuzione per il pagamento dei debiti sociali.
Una conclusione che a detta della Corte, facilmente si concilia con il dettato di cui all’art. 1299 c.c., che limita l’azione di regresso tra obbligati solidali alla sola quota di debito gravante su ciascuno di essi, un principio che, secondo il ricorrente orientamento della Cassazione è applicabile anche al socio illimitatamente responsabile che abbia pagato con proprio denaro un debito sociale e agisca in rivalsa nei confronti degli altri soci (Cass. n. 4380/2013; Cass. n. 18185 del 2006 e altre). E’ necessario tuttavia, che il socio che abbia provveduto ad estinguere l’obbligazione della società con i terzi, abbia versato un importo eccedente la propria quota e che in relazione ai rapporti sociali non vi siano altri elementi di squilibrio.
Tornando ai fatti di causa, la Cassazione ha chiarito che non esiste uno squilibrio degli oneri di contribuzione relativi alla locazione dell’immobile, in quanto i due unici soci sono al contempo gli unici proprietari dell’immobile (nella medesima proporzione) locato alla società, di conseguenza la pretesa del socio di far leva sull’illimitata responsabilità dell’altro per ottenere da questi il pagamento dei canoni di locazione, in virtù di una sua personale responsabilità, non trova accoglimento.
Va, perciò, revocato il decreto ingiuntivo nei confronti del socio ricorrente, ma non della società.