Locazione dei beni dopo il pignoramento e spettanza dei canoni
Risponde alla domanda la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19264 del 29 settembre 2016.
Una società aveva acquistato un immobile da una debitrice dopo il pignoramento e dopo che la stessa debitrice aveva stipulato un contratto di locazione sui beni sottoposti a pignoramento. La società acquirente proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che gli aveva negato il diritto alla percezione dei canoni.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e, seguendo un orientamento costante, chiarisce che i canoni di locazione costituiscono frutti dell’immobile, ai sensi dell’art. 820 c.c. e che essi e le rendite, quando l’immobile è sottoposto a pignoramento, secondo la disposizione di cui all’art. 2912 c.c. , sono dovuti al custode della procedura di pignoramento che può agire per ottenere il risarcimento del danno dal conduttore e quindi le indennità di occupazione (che nel caso hanno natura risarcitoria ), in quanto, nei suoi confronti l’immobile è stato occupato sine titulo.
Naturalmente, il conduttore non può essere costretto a corrispondere i canoni per la locazione e, insieme ad essi, l’ indennità di occupazione, in quanto il diritto di godimento che egli acquisisce si poggia sul un medesimo titolo, pertanto, essendo il contratto di locazione stato stipulato durante la procedura pignoratizia e senza l’autorizzazione del giudice (in violazione dell’art. 560 c.p.c.), il diritto del custode alla percezione dei canoni di locazione prevale sul diritto del locatore, in quanto i canoni devono essere qualificati come indennità di occupazione.
Già la Corte aveva avuto modo di pronunciarsi su un caso simile con la sentenza n. 8695/2015 e più recentemente con la sentenza n. 13216 del 27 giugno scorso, chiarendo che al solo custode spetta la legittimazione a richiedere tanto il pagamento dei canoni quanto ogni altra azione che scaturisce dai poteri di amministrazione e gestione del bene, è questo quello che deriva dal contenuto degli articoli 65 c.p.c. (potere di amministrazione conferito al custode) e 560 c.p.c. (divieto di concedere in locazione l’immobile pignorato se non con il consenso del giudice dell’esecuzione e interesse del creditore che potrebbe essere compromesso da una locazione non autorizzata).
Peraltro, è bene sottolineare che in capo al proprietario-locatore di un immobile sottoposto a pignoramento, che sia stato nominato custode, muta il titolo del possesso sul bene, in quanto egli, pur continuando ad avere il possesso del bene, è tenuto ad agire come ausiliario del giudice, amministrando e gestendo il bene pignorato nella sua qualità di custode e quindi nell’interesse dei creditori.
Infatti, i poteri di gestione e amministrazione dei beni pignorati e le azioni che da questi poteri scaturiscono, non vengono svolti dal proprietario dell’immobile, nella sua qualità di proprietario, sulla base del suo diritto di proprietà sul bene e/o del contratto di locazione tout court, bensì in forza della relazione sul bene pignorato, fondata sulla custodia del bene, della quale è stato investito dal giudice e quindi, nel contratto concluso in violazione dell’art. 560 c.p.c. il locatore non agisce nella sua qualità di proprietario esecutato, bensì in quella di locatore - custode, pertanto, le azioni che da esso scaturiscono – nello specifico la percezione dei canoni - devono essere esercitate, anche in caso di locazione non autorizzata, dal soggetto come locatore – custode.
Del resto, dicono i giudici, non si comprende il motivo per cui si dovrebbe tutelare un soggetto, il locatore (attuale proprietario dell’immobile), che al momento dell’acquisto del bene pignorato era, di certo, consapevole degli effetti pregiudizievoli gravanti sullo stesso!