Lavoro

Offese e ingiurie ai superiori valgono a configurare l’ipotesi di licenziamento per giusta causa?


Il giudice territoriale d’appello, confermando con la propria decisione la sentenza di primo grado, aveva ordinato la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, motivando il suo provvedimento con il fatto che una condotta simile non valesse ad integrare gli estremi del licenziamento per giusta causa, in quanto, tale comportamento indisciplinato (o insubordinazione) si era limitato ad offese e ingiurie, prive di intenti realmente aggressivi e non si era, di fatto, pertanto, tradotto in un effettivo rifiuto ad adempiere. L’azienda licenziante proponeva, dunque, ricorso per Cassazione, ritenendo erronea la sentenza del giudice territoriale.

In relazione ai fatti, chiarisce la Corte di Cassazione che il concetto giuridico di insubordinazione non può essere circoscritto al solo rifiuto ad adempiere alle disposizioni impartite dai superiori, ma deve essere esteso a qualsiasi altra condotta idonea a compromettere la prosecuzione del lavoro nel quadro dell’organizzazione aziendale. Superare i limiti dell’obbligo di correttezza formale, utilizzando critiche, esagerate nei toni e nei contenuti, oltre a violare il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo come persona, di cui all’art. 2 della Costituzione, dicono i giudici, può compromettere l’intero sistema aziendale, procurando ad esso un pregiudizio, in considerazione del fatto che il suo intero equilibrio si basa sull’autorevolezza dei dirigenti e dei quadri intermedi, la quale non può essere disonorata e messa in dubbio da una condotta ingiuriosa del lavoratore.

La giusta causa del licenziamento è nozione legale, sottolineano ancora i giudici, pertanto, nel valutarne la fondatezza, non può essere preso in considerazione (come invece affermato dal giudice territoriale nella sentenza di merito) il fatto che il CCNL tipizzerebbe come ipotesi di giusta causa condotte che si manifestino aggressive non solo verbalmente, ma anche fisicamente.

Per la valutazione della giusta causa che legittimi il licenziamento, deve infatti farsi riferimento anche a qualsiasi comportamento grave o inadempimento che violi le norme del comune vivere e dell’etica civile e  che siano tali da far venir meno il rapporto di fiducia tra lavoratore e datore di lavoro.

Concludendo, le espressioni ingiuriose rivolte ad un superiore davanti agli altri dipendenti valgono ad integrare l’ipotesi di insubordinazione e a legittimare il licenziamento per giusta causa. Questo, quanto rilevato dalla Cassazione nella sentenza n. 9635 dello scorso 11 Maggio.