Diritto

Il datore di lavoro non può spiare le conversazioni dei dipendenti su Skype


Le comunicazioni di tipo elettronico e telematico devono essere considerate come corrispondenza e godono del diritto alla segretezza sancito dalla Costituzione.

Così si esprime il Garante Privacy, accogliendo, con provvedimento del 4 giugno 2015, il ricorso di una lavoratrice, la quale  lamentava che la prova del suo licenziamento fosse stata acquisita illecitamente attraverso il controllo delle sue conversazioni via Skype avute con clienti/fornitori. 

Il Garante chiarisce, nel suo provvedimento, che il datore di lavoro non può controllare i suoi dipendenti spiando le loro conversazioni via Skype, in quanto il trattamento dei dati personali, in tal modo ottenuti, viene effettuato in modo illecito. Il datore di lavoro infatti aveva installato un software sul computer dato in dotazione alla dipendente (quando la stessa era in ferie) che permetteva di visualizzare le conversazioni della stessa, comprese quelle effettuate da postazioni poste fuori dal luogo di lavoro.

Una procedura, secondo il Garante, che si pone in palese contrasto con le "Linee guida del Garante per posta elettronica e Internet" e con le disposizioni poste dall'ordinamento a tutela della segretezza delle comunicazioni, oltre che con la stessa policy aziendale, accolta anche dalla competente Direzione territoriale del lavoro, la quale policy vietava “l'utilizzo di strumenti informatici, quale presupposto per l'adozione di forme di controllo […] ovvero di misure disciplinari ai dipendenti” che, invece, nel caso "de qua" sono stati intenzionalmente utilizzati al fine di procurarsi illecitamente informazioni poste a base del “più grave tra i provvedimenti disciplinari, ossia il licenziamento per giustificato motivo soggettivo” .

Ma vi è di più. Il Garante nel suo provvedimento equipara le comunicazioni via Skype alla posta elettronica, e quindi alla corrispondenza, stabilendo che nelle “comunicazioni inviate e ricevute dal dipendente nello svolgimento dell'attività lavorativa, deve essere garantito un elevato livello di tutela atto ad impedire, in un'ottica di bilanciamento con i contrapposti interessi del datore di lavoro e in attuazione dei principi di necessità, correttezza, pertinenza e non eccedenza, un'interferenza ingiustificata sui diritti e sulle libertà fondamentali di lavoratori, come pure di soggetti esterni che ricevono o inviano comunicazioni elettroniche di natura personale o privata".

Il provvedimento del Garante, peraltro, si pone in linea anche con quanto già chiarito dal Ministero del Lavoro in merito alle nuove disposizioni contenute nei decreti attuativi del cosiddetto Jobs Act (legge n.183/2014), che modificano l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (legge n. 300/1970). In base ai chiarimenti del Ministero, infatti, l’installazione di software di controllo a distanza sugli strumenti di lavoro dei dipendenti deve essere previamente comunicata al lavoratore, mentre i dati raccolti potranno essere usati solo per scopi organizzativi e produttivi, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.

Secondo questo provvedimento, le conversazioni telematiche, via Skype, devono considerarsi alla stregua di quelle intercorse mediante corrispondenza, pertanto, quando vengono installati software di controllo, anche in relazione a mezzi di comunicazione come Skype, vale quanto disposto dal Garante nelle linee guida per posta elettronica e internet, dunque, in tali casi, si rende necessario informare previamente il lavoratore, sentire i sindacati o la Direzione Territoriale del Lavoro, inserire specifiche regole nella policy aziendale e rispettarle, adottando tutti gli opportuni accorgimenti previsti dal Garante.