Lavoro

L'associazione in partecipazione dissimula un rapporto di lavoro subordinato


L'associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa di un soggetto che non partecipa alle perdite ed agli utili dell’impresa, può celare un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, come avvenuto nel caso deciso dalla Suprema Corte con sentenza 19 febbraio 2013, n. 4070.

Infatti, sebbene le differenti tipologie di rapporto si distinguano, almeno teoricamente, per sostanziale diversità  degli interessi perseguiti dalle parti, nella prassi si sono verificate  di frequente simulazioni del contratto di associazione in partecipazione, al fine di eludere obblighi e oneri connessi alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato.

La Corte di Cassazione, richiamando precedenti sentenze di analogo tenore (Cass.n. 2496 del 21 febbraio 2012; Cass. n. 24781 del 2006; Cass. n. 19475 del 2003; Cass. 26 febbraio 2001, n. 2795), ribadisce che la partecipazione dell'associato agli utili che alle perdite dell'impresa, è elemento distintivo ed essenziale per verificare l'autenticità del rapporto di associazione.

E ciò in forza degli artt. 2549 Cod. Civ. e 2554 Cod. Civ., da cui discende che, con il contratto di associazione in partecipazione, l'associato, a fronte di un determinato apporto, partecipi  all’intero rischio di impresa, non essendo ammissibile un contratto di mera cointeressenza agli utili senza contestuale partecipazione alle perdite.

Nella fattispecie in esame, i Giudici di merito, a conferma del corretto inquadramento al di là della qualificazione formale, avevano inoltre accertato l’esistenza di alcuni elementi tipici del rapporto di lavoro subordinato, quali il rispetto di un preciso orario di ufficio, un vincolo di subordinazione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, l’esercizio di una costante attività di vigilanza e di controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative.

Giova infine ricordare che l’art. 2549 Cod. Civ.  è stato recentemente riformato dalla Legge Fornero  - L. 28 giugno 2012, n. 92 -  entrata in vigore il 18 luglio 2012, con l'introduzione del comma n.2, in base al quale il numero degli associati in partecipazione «impegnati in una medesima attività» non può essere superiore a tre, pena la conversione del rapporto con tutti gli associati il cui apporto ha anche carattere lavorativo, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Fanno eccezione a tale limite numerico i soli contratti sottoscritti con «il coniuge, con i parenti entro il terzo grado e con gli affini entro il secondo».

Di fatto tale novità normativa non soltanto persegue la volontà di contenere condotte elusive della legge dissimulanti rapporti di lavoro subordinati, ma nella pratica finisce con il limitare fortemente la possibilità utilizzo di tale tipologia contrattuale a carattere associativo.