Cassazione: le spese di sponsorizzazione sono deducibili solo se inerenti
L'Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento nei confronti di un contribuente, ai fini IRPEF, IRAP e IVA per maggiori ricavi non dichiarati e per costi di pubblicità indebitamente dedotti.
Il contribuente propone ricorso, parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Regionale e l'Agenzia delle Entrate ricorre per Cassazione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25100 del 26 novembre 2014 accoglie il ricorso dell'Ufficio, ritenendo che, in relazione alla deducibilità dei costi di pubblicità riferiti a un contratto di sponsorizazione, in effetti il logo esposto non fosse chiaro e il messaggio pubblicitario non fosse direttamente rivolto ai clienti dell'azienda.
I giudici di legittimità rilevano che "in tema di imposte dei redditi e sul valore aggiunto, la deducibilità esige la previa dimostrazione, a carico del contribuente, del requisito dell'inerenza, consistente non solo nella giustificazione della congruità dei costi, rispetto ai ricavi o all'oggetto sociale, ma soprattutto nell'allegazione delle potenziali utilità per la propria attività commerciale o dei futuri vantaggi conseguibili attraverso la pubblicità svolta dall'impresa in favore del terzo ovvero che i costi di sponsorizzazione di un marchio sono deducibili anche da chi, pur non essendo titolare del marchio, tragga comunque un'utilità dallo sfruttamento del segno distintivo altrui, per il potenziale incremento della propria attività commerciale".
In conclusione le spese di sponsorizzazione non sono deducibili se il logo esposto non è idoneo a diffondere il messaggio pubblicitario presso la fetta di mercato e i consumatori, clienti dell’azienda.