Diritto

Cassazione: i versamenti non giustificati non configurano il reato di infedele dichiarazione


La terza sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 37302 del 2014, ha stabilito che un contribuente non può essere condannato per il reato di dichiarazione infedele per il solo fatto di non aver giustificato i versamenti sui conti correnti bancari sospetti e non registrati in contabilità.

Nella sentenza viene precisato che in tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione ai fini di evasione dell'imposta sui redditi (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) non può farsi ricorso alla presunzione tributaria secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell'azienda (art. 32, comma primo n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), in quanto spetta al giudice penale la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa procedendo d'ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto.

Ai fini dell'accertamento in sede penale, deve darsi prevalenza al dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento tributario. 

Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire di per se fonte di prova di commissione di reato, assumendo esclusivamente il valore di dati di fatto che devono essere liberamente valutati dal giudice penale unitamente agli altri elementi di rsicontro che diano chiarezza dell'esistenza della condotta criminosa.

Secondo la Corte tale principio risulta applicabile anche al reato di dichiarazione infedele.