Cassazione: la caparra confirmatoria per l'acquisto di un immobile
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5982 del 14 marzo 2014 ha affermato che la caparra confirmatoria per l’acquisto dell’immobile non sconta necessariamente l'IVA: occorre valutare se il denaro versato è un’anticipazione del prezzo.
La caparra confirmatoria è una somma che viene consegnata alla controparte per garantire l’adempimento del contratto, ha natura risarcitoria, sfugge, quindi, dal campo di applicazione dell’IVA, ed è soggetta ad imposta di registro proporzionale; gli acconti relativi a contratti immobiliari “soggetti ad IVA”, invece, configurandosi come un “anticipo” del prezzo di vendita, sono assoggettati ad IVA al momento del pagamento.
I giudici di legittimità hanno chiarito che "in tema di IVA, nella cessione di immobili il presupposto impositivo si verifica, ai sensi dell'art. 6, primo e quarto comma, dei d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, al momento del passaggio di proprietà degli stessi, e, qualora venga versato un anticipo del prezzo in previsione degli effetti reali, alla data del pagamento di questo e limitatamente all'importo a tal fine destinato. Ciò comporta che il pagamento di somme di denaro (o la dazione di cose fungibili) effettuato a titolo di caparra confirmatoria di un contratto di compravendita di immobile è soggetto all'imposta ed all'obbligo di fatturazione solo nella misura in cui tali somme (cose fungibili) sono destinate, per volontà delle parti, accertabile dal giudice di merito in base ad elementi intrinseci ed estrinseci del contratto, ad anticipazione del prezzo per l'acquisto del bene":
Nel caso in esame l’Agenzia delle Entrate aveva qualificato alcune somme come versate a titolo di caparra confirmatoria, ritenendole, quindi, escluse dal campo di applicazione dell’IVA, mentre i contribuenti ne sostenevano la natura di acconti, con il conseguente assoggettamento ad IVA e le relative conseguenze in relazione alla detrazione.
La Corte ricorda che la corretta qualificazione delle somme corrisposte prima del contratto definitivo non può limitarsi all’esame della dicitura della fattura, ma deve essere effettuata mediante la ricostruzione della volontà delle parti. Pertanto, anche le somme formalmente qualificate come “caparra confirmatoria” possono essere assoggettate ad IVA ove si accerti che l'effettiva volontà delle parti era, invece, rivolta ad anticipare il prezzo di acquisto del bene.
Nel caso di specie la fattura recante la dizione “caparra confirmatoria” era stata, poi, spontaneamente sostituita da un’altra fattura recante la corretta intestazione di “acconto”: dal contratto preliminare infatti non risultava alcuna pattuizione concernente una caparra confirmatoria, mentre risultava la volontà di dilazionare nel tempo il pagamento.
Infine, la Corte ricorda a tale proposito che, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, in presenza di dubbi sulla corretta interpretazione della volontà delle parti, le somme versate anteriormente alla stipula dell'atto di compravendita devono sempre essere considerate come acconto e non come caparra confirmatoria.