Lavoro

Trattamento pensionistico integrativo e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente


Con la Risposta a interpello 14 giugno 2025, n. 169, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito alle modalità di calcolo delle detrazioni da lavoro applicabili ai trattamenti pensionistici integrativi erogati a favore dei propri pensionati, evidenziando quale sia il corretto regime di detraibilità fiscale dei trattamenti pensionistici integrativi erogati a seguito del versamento di contributi personali da parte dei dipendenti collocati in quiescenza.

La fattispecie

Nel caso di specie, l'Ente istante chiede chiarimenti in merito alle modalità di calcolo delle detrazioni da lavoro applicabili ai trattamenti pensionistici integrativi erogati a favore dei propri pensionati.

Al riguardo, l'istante rappresenta che tali trattamenti pensionistici sono stati riconosciuti anche dopo la cessazione del Fondo di pensione e previdenza delle Camere di Commercio, a condizione che il dipendente in servizio abbia continuato a versare il contributo personale del 2,70 per cento al fine di godere di maggiori benefici pensionistici al momento del collocamento in quiescenza.

Di conseguenza l'Ente istante chiede chiarimenti in merito alle modalità di calcolo delle detrazioni da lavoro applicabili ai trattamenti pensionistici integrativi erogati a favore dei propri pensionati, chiedendo conferma che tale trattamento pensionistico rientri tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all'art. 50, comma 1, lett. h-bis), del TUIR.

Soluzione delle Entrate

Nella Risposta all’interpello in esame, l’Agenzia Entratte argomenta come le prestazioni pensionistiche derivanti da forme complementari, disciplinate dal D.Lgs. n. 252/2005 e assimilate a redditi di lavoro dipendente ex art. 50, comma 1, lett. h-bis), del TUIR, godono invece di una detrazione diversa, come previsto dall’art. 13, comma 1, del TUIR.

Nel caso in esame, il Fondo di pensione e previdenza della legge regionale erogava agli impiegati camerali le seguenti prestazioni:

  • pensione agli impiegati cessati dal servizio dopo almeno 15 anni di effettivo servizio prestato nell'amministrazione camerale,
  • pensione di reversibilità ai superstiti dell'impiegato o del pensionato,
  • corresponsione di una indennità una tantum qualora la risoluzione del rapporto di lavoro avvenga senza diritto alla pensione diretta o indiretta,
  • corresponsione di una indennità di anzianità o di licenziamento.

Successivamente, tale Fondo è stato soppresso e i trattamenti pensionistici sono stati trasferiti alla Cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali (CPDEL), che ne ha assunto la gestione. Inoltre, la legge regionale ha previsto al personale già in servizio “il trattamento giuridico ed economico di quiescenza e l'indennità di fine servizio in misura complessivamente non inferiore a quella corrisposta dal soppresso fondo di pensione e di quiescenza, approvato con legge regionale [...] e successive modificazioni”. Inoltre, al fine di consentire ai dipendenti in servizio alla data di entrata in vigore della legge regionale di poter godere di un maggior beneficio pensionistico a seguito del loro collocamento a riposo, prevede a favore dei dipendenti “oltre ai contributi normalmente dovuti, anche il contributo del 2,70 per cento sulla retribuzione complessiva”.

Pertanto, sulla scrota del descritto quadro normativo, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che le pensioni integrative erogate al momento del collocamento a riposo sono analoghe ai trattamenti pensionistici erogati dalla Cassa e non sono da considerarsi prestazioni di forme pensionistiche complementari. Pertanto costituiscono redditi di lavoro dipendente di cui all’art. 49, comma 2, lett. a), del TUIR, con diritto alla detrazione prevista dall’art. 13, comma 3, del TUIR.