Deducibili i costi pluriennali per la manutenzione su immobili di terzi
Con l’ordinanza 28 aprile 2025, n. 11192, la Corte di Cassazione chiarisce che sono deducibili i costi pluriennali per la manutenzione su beni di terzi. La durata dell’ammortamento deve essere regolata in base all’utilità futura dell’impianto e alla durata residua del titolo di possesso del bene).
La controversia
Il caso in esame riguarda un avviso di accertamento per recupero a tassazione del reddito derivante dal disconoscimento di costi dedotti in assunta violazione del principio di inerenza per manutenzioni su beni di terzi (impianto antincendio su un bene immobile detenuto in locazione).
La Commissione tributaria provinciale adita dalla contribuente ha accolto il ricorso ritenendo la correttezza dell'ammortamento quinquennale anche in relazione alla residua durata del rapporto di locazione, ai sensi dell'art. 2426 c.c. (relativo ai criteri di valutazione).
In parziale accoglimento dell’appello erariale, la Commissione tributaria regionale confermava invece sul punto la deducibilità sulla base dei criteri OIC, secondo cui il costo pluriennale su beni altrui andrebbe ripartito sul minor periodo fra quello di utilità del bene e la residua durata del contratto di locazione, incluso il periodo di ri-conduzione se previsto.
Nel conseguente ricorso per Cassazione la contribuente denuncia violazione di legge (artt. 108, comma 1, del TUIR, 2426 c.c. e 24 OIC), ritenendo che, in base alla riferita disposizione del TUIR, le spese relative a più esercizi debbono ripartirsi nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio (così come deciso dal giudice di prime cure, in applicazione dell'art. 2426 c.c., per costi di impianto ed ampliamento, ricerca e pubblicità, dunque nell'ambito di un quinquennio). I principi contabili OIC, contrariamente a quanto deciso dal giudice d’appello, non avrebbero ragione di essere applicati alla fattispecie, poiché essi rappresenterebbero mere regole tecniche prive di valore normativo.
Esito del giudizio
Decidendo la vertenza, la Cassazione accoglie il ricorso della società contribuente ed afferma il seguente principio di diritto: “In tema di deduzione di costi pluriennali, quelli derivanti da impianti realizzati su beni altrui risultano disciplinati, ai sensi dell’art. 108 TUIR, sulla base del criterio sancito dall'art. 2426, n. 5), c.c., e lo stesso va declinato alla luce del relativo principio contabile nazionale, utile per l'inquadramento delle singole casistiche nelle norme di carattere generale. In particolare, la durata dell'ammortamento andrà regolata sulla base della relativa utilità futura dell‘impianto, avendosi in ogni caso come limite massimo quello della residua vigenza del titolo in base al quale il contribuente dispone del bene cui l'impianto stesso accede”.
Argomentazioni della Cassazione
Analizzando le trame argomentative contenute nell’ordinanza n. 11192/2025 in esame, la Cassazione rileva come, trattandosi nella specie di un impianto antincendio relativo ad un bene in locazione, sia evidente la sussunzione dell'ipotesi controversa nell’art. 2426, primo comma, n. 2), c.c., piuttosto che nel successivo n. 5), come preteso dalla ricorrente. Infatti, la prima delle disposizioni, applicata dalla Commissione regionale, da un lato si riferisce a un costo di immobilizzazione materiale (l'impianto antincendio) e non (come il n. 5) ad altro (impianto, ampliamento e costi di sviluppo), e fa riferimento espresso all'ammortamento “in relazione alla ... residua possibilità di utilizzazione”.
Nello specifico, tale residua possibilità di utilizzazione, in caso di beni di terzi, non può che essere ricollegata alla vigenza deì titolo in virtù del quale lo stesso è detenuto dall'imprenditore, nei termini indicati dai principi contabili, ovvero in quello minore della residua utilità futura, sempre in virtù dei ridetti principi contabili.
Sotto tale profilo gli invocati principi contabili – secondo la Cassazione - non fanno che porsi come applicativi del criterio legale, nei limiti della loro utilizzabilità. Invece, la Commissione regionale si è limitata all’automatica applicazione della durata del contratto, senza verificare la sussistenza di una diversa durata dell’utilità futura residua del bene in esame.
La Sezione tributaria ha quindi precisato che, in tema di deduzione di costi pluriennali, quelli derivanti da impianti realizzati su beni altrui risultano disciplinati, ai sensi dell’art. 108 del TUIR, sulla base del criterio sancito dall’art. 2426, n. 5), c.c., e lo stesso va declinato alla luce del relativo principio contabile nazionale, utile per l’inquadramento delle singole casistiche nelle norme di carattere generale.
La Suprema Corte, pertanto, ha cassato la sentenza impugnata ed ha delegato al giudice del rinvio di procedere ad una verifica circa l’effettiva, residua utilità futura del bene, applicando tale criterio ove la durata stessa risulti inferiore a quella derivante dal contratto, come stabilito dal principio contabile.