Fisco

Nessuna responsabilità per il commercialista se al cliente arriva un accertamento e la sua cassa è in negativo


Il commercialista storico dell’azienda non è responsabile dell’accertamento al cliente, se lo stesso ha un libro cassa in negativo; a nulla rileva il fatto che il professionista tenga in mano tutta la contabilità e faccia anche da consulente del lavoro.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 9721 del 15 aprile 2025, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito promosso da una società che aveva citato in giudizio il suo commercialista per aver ricevuto un accertamento dal Fisco per mancato versamento delle imposte, ritenendolo responsabile dei suoi ammanchi e del fatto che non avesse effettuato i dovuti controlli sulla contabilità da lui tenuta in favore della cliente, portando il conto cassa in negativo.

I giudici di primo e secondo grado avevano accertato che le maggiori imposte dovute, a seguito di controllo del fisco, non costituivano un danno ingiusto provocato dal commercialista, ma l'effetto dell'accertamento e la conseguenza della violazione delle norme tributarie. 

In particolare, in sede di appello, la Corte, pur dando atto delle inadempienze del commercialista, per aver quest'ultimo tenuto un libro cassa in negativo, affermava che l'attore non aveva provato il danno e il nesso di causalità tra la condotta negligente ascritta al professionista e l’attività di verifica svolta dall’Agenzia delle Entrate.

La società, quindi, si era rivolta ai giudici di legittimità, lamentando la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 cod. civ. in relazione all'art. 360, ca. 1, n. 3, c.p.c. da parte dei giudici di merito.

A parere della società, la Corte territoriale avrebbe violato la regola dell'onere della prova in tema di responsabilità contrattuale a carico del commercialista in ordine alla redazione di un libro cassa, tenuto in violazione di standard minimi di professionalità e ritenuti dal ricorrente irrazionali. 

La Corte, quindi, avrebbe erroneamente posto a carico dell'attore la prova del nesso causale, anche nel caso di responsabilità contrattuale, mentre sarebbe stato sufficiente allegare l'inadempimento del professionista.

La Corte di Cassazione non ritiene condivisibile tale assunto.

Rammentano i giudici di legittimità, infatti, che per orientamento giurisprudenziale costante, anche in caso di responsabilità contrattuale il regime di distribuzione dell'onere probatorio di cui all'art. 1218 c.c. fa gravare sull'attore la prova del nesso causale fra la condotta dell'obbligato inadempiente e il pregiudizio di cui si chiede il risarcimento e sulla parte che si assume inadempiente (o non esattamente adempiente) l'onere di fornire la prova positiva dell'avvenuto adempimento o della sua esattezza (Cass. Sez. 6 - 3, n. 8849 del 31/03/2021, Rv. 660991 - 01), principi applicabili anche in tema di responsabilità professionale (si veda Cass. n. 18392 del 2017).

Riguardo all'onere della prova (anche) quando è dedotta una responsabilità contrattuale per inesatto adempimento, grava pertanto sul danneggiato dimostrare il nesso di causalità, tra evento dannoso e la condotta anche omissiva del contraente. Spetta, invece, a quest'ultimo dimostrare (ma solo dopo la dimostrazione del nesso causale da parte dell'attore) che l'esatta esecuzione della prestazione è divenuta impossibile per una causa imprevedibile e inevitabile.

La Corte territoriale ha pertanto applicato correttamente tali criteri. 

Il principio secondo cui anche la responsabilità contrattuale richiede la prova del nesso causale costituisce un effetto dell'interpretazione del primo comma dell'articolo 1227 c.c. che regola il fenomeno della causalità materiale, rispetto un danno evento, occupandosi del concorso del fatto colposo del creditore.

L'art. 1227 c.c, applicabile anche alla responsabilità contrattuale, si occupa dell'apporto di terzi elementi esterni alla condotta di chi è obbligato e richiede una verifica sulla rilevanza della causalità e cioè sulla relazione probabilistica tra condotta ed evento di danno, per acclarare l'esistenza di eventuali fattori estranei, costituiti dalla condotta di un terzo o dalla condotta del danneggiato.

I giudici di merito, ritenendo non provato il doveroso nesso causale riferito al contenuto dell'obbligo contrattuale, bene hanno fatto, quindi, a non accogliere la domanda risarcitoria dell’attore promossa verso il commercialista.