Economia

Bancarotta fraudolenta per dissipazione, se la SRL compra la barca e poi l’imprenditore la usa per scopi privati


Scatta la bancarotta fraudolenta per dissipazione nei confronti dell’imprenditore che acquista la barca con i soldi della srl e poi la usa per scopi privati.

Questo è, in buona sostanza, quanto ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 13299/2025, in un caso in cui una SRL aveva acquistato due imbarcazioni, dichiarando, con modifica (strumentale) dell’oggetto sociale, l’attività di trasporto nautico dell’impresa (mentre la stessa si occupava di energie rinnovabili), che però non era mai stata compiuta nel concreto, laddove le barche venivano utilizzate per scopi privati dell’imprenditore.

Secondo la Cassazione, ben ha fatto la Corte d’appello ad individuare, in tali circostanze, la dissipazione, sussistendo il dolo nella condotta dell’imprenditore, in quanto lo stesso impiegava beni sociali in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte radicalmente incongrue rispetto alle effettive esigenze dell'azienda, avuto riguardo alle sue dimensioni e complessità, oltre che alle specifiche condizioni economiche dell’impresa che nel frattempo era caduta in fallimento.

Nei fatti era accaduto questo: la società aveva acquistato una prima imbarcazione con contratto preliminare; a tale contratto seguiva l'ampliamento dell'oggetto sociale, ricomprendendovi anche le attività di trasporto nautico; dopo quattro anni, l'imbarcazione acquistata veniva permutata con altra imbarcazione.

La società, che si occupava di risorse rinnovabili, pur estendendo l’oggetto sociale al settore del trasporto nautico, non aveva mai effettuato operazioni di tal fatta con i beni acquistati, che invece venivano utilizzati dall’imprenditore per scopi lontani da quelli sociali, cosicché l'investimento in una ulteriore imbarcazione risultava certamente irragionevole, tanto più che da un lato, era intervenuto il fallimento e dall’altro, la svalutazione delle imbarcazioni dimostrava la natura eccentrica e irrazionale dell'investimento.

Peraltro, l’imprenditore non aveva mai parlato al curatore dell’attività nautica come attività sociale.

La Corte di appello chiariva, dunque, correttamente per gli ermellini, come la condotta di dissipazione contestata si sia sostanziata nell'incongruo impiego di risorse, in particolare con riferimento al secondo acquisto dell'imbarcazione. 

Gli ingenti investimenti compiuti nella prima imbarcazione e, ancor più, nella seconda dopo il decorso di quattro anni, senza alcun legame con l'attività svolta, sono tali da integrare non la distrazione, ma la dissipazione. 

Per altro, la circostanza che la situazione fosse florida l’anno dell’acquisto della prima imbarcazione - a fronte di un così significativo impegno di spesa connesso a una attività che non ebbe mai inizio - rendeva concreto il pericolo per il ceto creditorio della diminuzione di garanzia, proprio per la svalutazione dell'imbarcazione e soprattutto perché la società, verificata l'impossibilità di dare inizio alla nuova attività nautica, avrebbe dovuto provvedere immediatamente alla vendita dell'imbarcazione, così da evitare il deprezzamento ulteriore.

 La carenza di liquidità e la presenza in contabilità di crediti di difficile realizzazione rendevano non imprevedibile il dissesto, pertanto, l’imprenditore avrebbe dovuto cedere l’imbarcazione tempestivamente e non mantenerne il costo per poi procedere ad un ulteriore acquisto.

Del resto, il tema decisivo ai fini della sussistenza dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale è la messa in pericolo concreta della garanzia per i creditori e non la prevedibilità (o meno del dissesto). 

La crisi di liquidità e il mantenimento dell'investimento nell'imbarcazione, con depauperamento veloce del valore ed un successivo acquisto con ulteriore investimento rendeva nel caso di specie anche concreto il pericolo di dissesto.

L’imprenditore va, dunque, condannato per bancarotta fraudolenta.

La zona di rischio penale in tali circostanze, spiegano i giudici della Cassazione, è quella che in dottrina viene comunemente individuata come "prossimità dello stato di insolvenza", quando l'apprezzamento di uno stato di crisi, normalmente conosciuto dall'agente imprenditore o figura equiparata, è destinato a orientare la "lettura" di ogni sua iniziativa di distacco dei beni - fatte salve quelle inquadrabili nelle altre ipotesi di reato pure previste della legge fallimentare del 1942 - nel senso della idoneità a creare un pericolo per l'interesse dei creditori sociali.

Si tratta di condotte che integrano atti depauperativi in grado di mettere realmente a rischio la garanzia dei creditori della massa fallimentare, in un parametro spazio-temporale ragionevole (la zona penale di rischio) entro il quale l'apprezzamento di uno stato di crisi dell'impresa, conosciuto dall'agente, è destinato ad orientare l'interpretazione di ogni iniziativa di distrazione dei beni da parte di quest'ultimo.

Elementi che risultano rispettati nel caso di specie; il rallentamento/blocco del settore delle energie rinnovabili, come la non realizzabilità dei crediti vantati, sono stati ritenuti dalla Corte di merito indicatori della concreta messa a rischio della garanzia patrimoniale per i creditori, in conseguenza dell'acquisto e del mantenimento delle imbarcazioni.

Se, dunque, l'atto di depauperamento risulta idoneo a creare un vulnus alla integrità della garanzia della "categoria" dei creditori, in caso di apertura di procedura concorsuale, con un'analisi che deve riguardare in primo luogo l'elemento oggettivo, per investire poi in modo omogeneo l'elemento soggettivo, e che deve poggiare su criteri "ex ante", in relazione alle caratteristiche complessive dell'atto stesso e della situazione finanziaria della società, si configura il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione anche in assenza di un danno concreto per i creditori (Sez. 5, n. 13382 del 3/11/2020, Verdini, Rv. 281031).

Ciò premesso, deve, pertanto, affermarsi il principio per cui in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la condotta di "dissipazione" consiste nell'impiego dei beni sociali in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte radicalmente incongrue, non rispetto all'oggetto sociale ex art. 2328, comma 2, n. 3, cod. c v. astrattamente inteso, bensì rispetto alle effettive esigenze dell'impresa, tenuta in conto la concreta attività svolta, che può riguardare anche solo parte dell'oggetto sociale, avendo riguardo alle dimensioni e complessità dell'azienda, oltre che a le specifiche condizioni economiche ed imprenditoriali sussistenti.

Confermata quindi la responsabilità penale dell’imprenditore rilevata nel merito, ma la sentenza viene comunque cassata con rinvio rispetto al profilo sanzionatorio.