Il regime prevede la tassazione del reddito complessivo prodotto in Italia, sia esso autonomo o dipendente, nella misura del 50%, al verificarsi dei requisiti e delle condizioni previste, in via alternativa, dal comma 1 o dal comma 2 dell'art. 16 del D.Lgs 147/2015. Tale regime agevolato ha durata quinquennale, a decorrere dal periodo d'imposta in cui il lavoratore trasferisce nuovamente la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell'art. 2 del TUIR, e per i 4 periodi d'imposta successivi.
Con Risoluzione 51/E/2018 l'Agenzia delle Entrate è intervenuta sulla mancata indicazione da parte del legislatore del periodo minimo di residenza ed ha chiarito che "considerato, tuttavia, che il comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all'estero di due anni, la scrivente ritiene che, per tali soggetti, la residenza all'estero per almeno due periodi d'imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l'accesso al regime agevolativo".
I soggetti rimpatriati possono, dunque, accedere all'agevolazione fiscale purchè si impegnino a rimanere nel territorio italiano per almeno due anni.
Con la Risoluzione 72/E/2018 è stato dato parere positivo ad un cittadino italiano che ha richiesto di poter accedere al regime speciale, considerato che:
- a partire dal 01 Agosto 2018 è stato assunto da una società italiana;
- nel 2016, 2017 e 2018 è stato fiscalmente residente all'estero e pertanto ha svolto l'attività lavorativa fuori dal territorio italiano per più di 24 mesi;
- è laureato;
- ha trasferito la residenza fiscale in Italia ai sensi dell'art. 2 del TUIR (sono considerate residenti le persone fisiche che per almeno 183 giorni risultino iscritte all'anagrafe o abbiano nello in Italia domicilio/residenza).
Nell'esprimere parere positivo l'Agenzia ha specificato che non rileva il fatto che "l'attività lavorativa all'estero sia stata prestata con società appartenenti allo stesso gruppo".