La Corte di Cassazione con ordinanza n. 20806 del 6 settembre scorso si è pronunciata rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate promosso contro la decisione della CTR delle Marche che aveva invece accolto l’appello di una società contribuente, riformando la decisione della Commissione Tributaria Provinciale. Il caso verteva su un avviso di accertamento emesso dal Fisco nei confronti della società che non aveva provveduto all’emissione di alcun documento fiscale relativo al pagamento di royalties in favore di una società svizzera priva di stabile organizzazione e di rappresentazione fiscale sul territorio italiano in relazione ad un contratto di licenza d’uso di brevetto industriale posto in essere tra le due imprese; secondo l’A.F. la contribuente avrebbe dovuto invece assoggettare ad Iva i compensi corrisposti mediante autofattura, nel rispetto di quanto prescritto dal d.P.R. n. 633 del 1972 per questa ipotesi.
Le motivazioni della Ctr
La Ctr, aveva motivato la propria decisione, favorevole alla contribuente, con il fatto che il tipo di contratto posto in essere, qualificato quale licenza d’uso di brevetto di impresa, con corresponsione di una somma strettamente connessa al diritto di sfruttamento, sarebbe fuori dal campo Iva, in quanto non riferendosi a prestazioni di servizi verso corrispettivo dipendenti da obbligazioni di fare, di non fare o permettere ex art. 3, comma primo, del d.P.R. n. 633 del 1972, “andrebbe ricollegata espressamente ai diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, o proprietà intellettuale [...]”.
Il ricorso dell'Agenzia
L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errata l’interpretazione della normativa Iva offerta dai giudici tributari d’appello, secondo cui l’operazione della contribuente, in base alla normativa suddetta è da considerarsi fuori campo Iva, ha promosso ricorso in Cassazione. La Corte di Cassazione rigettando il ricorso delle Entrate con l’odierna decisione, ha chiarito che, secondo quanto espressamente fissato dal secondo comma dell’art. 3 del D.P.R. n. 633, diversamente da quanto assunto nella sentenza impugnata, anche le cessioni, concessioni, licenze e simili relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili (cosiddetti know-how) i diritti di brevetti (articolo 2584 e seguenti del c.c.), i segni distintivi dell'impresa e dell'azienda (articoli 2563 e 2568, c.c.) o dei prodotti (articolo 2569, c.c.), royalties, ecc., sono prestazioni di servizi soggette ad IVA in presenza dei requisiti soggettivi e territoriali; tuttavia, se l’operazione non è stata occultata e se l’Amministrazione fiscale non ha trovato ostacoli nella sua ricostruzione, l’infrazione è da ritenersi solo di natura formale e, dunque, la detrazione non può essere negata al soggetto passivo, poiché il risultato fiscale finale sarebbe stato comunque identico sul piano impositivo per effetto della prevista neutralizzazione bilaterale dell'Iva (Cass. 7576/2015).
Dunque, se le operazioni vengono regolarmente registrate sul libro giornale, riguardando la contestazione solamente l'omissione dell'autofattura e della doppia registrazione del documento nei registri previsti dagli artt. 23 e 25 del decreto IVA, il Fisco non può pretendere il pagamento dell’imposta, ma non perché l'operazione di licenza d’uso di brevetto d’impresa sia fuori campo IVA, bensì per il fatto che il risultato fiscale finale resta comunque identico sul piano impositivo per effetto della prevista neutralizzazione bilaterale dell'Iva. Ad ogni modo, il riconoscimento del diritto di detrazione, al di là dell’eventuale inosservanza di fatturazioni e registrazioni, non porta a ritenere nello stesso tempo la violazione del reverse charge violazione meramente formale: da questo punto di vista si rimane passibili di sanzione amministrativa, non applicandosi l’art. 10 della L. n. 212 del 2000 (Cass. 7576/2015; Cass. n. 9505/2017).